Solo una semplice operazione commerciale?
«Bob Dylan Sells His Songwriting Catalog in Blockbuster Deal» il New York Times annuncia così parole l’acquisto da parte di Universal Music dei diritti d’autore della discografia di Bob Dylan: un acquisto colossale!
Secondo il quotidiano newyorchese, la casa discografica avrebbe speso oltre 300 milioni di dollari, facendo registrare un vero e proprio record. Il giornalista e fondatore di Music Business Worldwide, Tim Ingham, scrive su Rolling Stone che – secondo le sue fonti – la cifra sarebbe addirittura più vicina ai 400 milioni che ai 300. Il catalogo acquistato comprende oltre 600 canzoni, per la maggior parte composte dal cantautore, altre composte dalla sua band ma delle quali comunque godeva della piena titolarità.

L’unico album che non rientra in questa enorme opus è il suo primo disco “Chronicles: Volume One”, i cui diritti erano già in possesso dell’Universal. Pubblicato nel 1962, Dylan firmò il contratto del disco con l’etichetta Leeds Music Publishing di Lou Levy che gli anticipò giusto un centinaio di dollari per la futura vendita delle royalties. All’epoca aveva solo 21 anni, da quel giorno ne ha fatta di strada quel giovane cantautore appassionato di musica folk.
Una riluttanza svanita
Dylan godeva del pieno controllo delle sue royalties tramite una società che aveva fondato, la Bob Dylan Music Company, ma da ora in poi non avrà più alcun potere decisionale. Il loro utilizzo sarà completamente sotto l’egida di Universal che potrà disporne come vorrà. Questo aspetto ha preoccupato molto alcuni fan più ‘puristi’, dato che il cantautore è sempre stato molto restio all’utilizzo commerciale delle sue canzoni.

Una posizione ammorbiditasi negli ultimi anni, durante i quali ha collaborato con marchi molto importanti come Apple, Ibm e Pepsi. Non rientreranno nel contratto neanche i futuri lavori discografici. L’accordo, infatti, comprende tutti gli album dal secondo “Bob Dylan” fino all’ultima pubblicazione “Rough and Rowdy Ways”. Soprattutto, riguarda soltanto l’utilizzo delle royalties negli Stati Uniti, in Europa i diritti continueranno a essere gestiti da Sony/ATV.
Cosa c'è di preciso dietro questo acquisto?
Bob Dylan non ha rilasciato dichiarazioni a riguardo, ma gli oltre 300 milioni di dollari spesi per il suo catalogo dicono molto. La sua produzione artistica ha una importanza culturale enorme, inestimabile. Il cantautore ha saputo conferire alla musica folk, per sua essenza una forma d’arte ‘bassa’, popolare e accessibile, un afflato poetico di notevole caratura. Lo dimostra il premio Nobel per la letteratura vinto nel 2016 «per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana».
Non si tratta di una semplice operazione commerciale per accaparrarsi i possibili introiti derivanti dalla vendita delle royalties. O meglio, si tratta anche di quello. Lucian Gringe, presidente di Universal, si è dimostrato infatti molto orgoglioso del contratto stipulato, sottolineando che è stato un obiettivo raggiunto grazie alla storia e all’importanza culturale riconosciute alla casa discografica.
E questo è un messaggio diretto agli ascoltatori ma soprattutto agli investitori. Nel 2022, infatti, l’Universal Music Group sarà quotato in borsa e quale mossa migliore per assicurarsi una solida posizione nel mercato finanziario se non quella di acquistare il catalogo di uno dei più importanti artisti viventi al mondo?
È una mossa che ribadisce la leadership dell’azienda nel mercato musicale che, anno dopo anno, vede la competitività del settore crescere con l’ingresso di nuovi capitali e investitori. Negli ultimi anni, infatti, sono emersi nuovi colossi discografici che hanno lanciato una grande sfida alle major storiche, spendendo centinaia di milioni di dollari per accaparrarsi le royalties di artisti internazionali. Mai nessuno prima d’ora, però, aveva mai sborsato una cifra così esorbitante per il catalogo di un solo artista come ha fatto Universal. Tra queste nuove realtà discografiche degne di nota sono Primary Wave che si è assicurata le royalties di Bob Marley, John Lennon e Whitney Houston; e Hipgnosis Songs Fund che vanta nel suo roster 50 cent, Blondie e Enrique Iglesias. Un mercato con numeri da capogiro in continua espansione.
Il record stabilito dalla vendita del catalogo di Dylan potrebbe essere superato molto presto, ma lo stesso discorso, per fortuna, non vale per le sue canzoni. Quelle sì che dureranno a lungo.